Prendersi cura del verde significa prendersi sura di sé. La tecnologia? Dovrebbe essere al nostro servizio

Andrea Mati è un imprenditore e un paesaggista che realizza opere verdi di alto livello in tutta Europa: una persona che dell’ormai sempre più stretto legame tra natura e tecnologia se ne intende e che su questo ha sviluppato un pensiero critico ben definito.

«Ormai non possiamo far finta che la natura sia solo un corredo. Ognuno di noi ha bisogno di almeno un albero per vivere. Specie dopo la pandemia, abbiamo capito che basta poco per riconnettersi con la natura e con i suoi cicli. Chi è rimasto è stato sollecitato a riappropriarsi del pianeta vivendolo più consapevolmente: d’altronde, l’uomo ha iniziato la sua vita in un giardino e senza il verde il mondo sarebbe morto».

Non si tratta di demonizzare il progresso o la tecnologia, che senza dubbio hanno permesso di salvare molte vite, quanto di sottolineare quanto si sia rivelato pericoloso l’intreccio con la pigrizia. In casi del genere si può cadere nel pericoloso vortice dell’eccesso o della passività ed è sostanzialmente questo che ha portato, specie negli ultimi 100 anni, a questa rottura con il mondo naturale. Hanno prevalso il potere, il denaro, l’incoscienza e si è generata una difficoltà di approfondire in maniera esperienziale la natura.

«Dobbiamo lavorare fianco a fianco con essa» afferma Mati «ripulendo i fiumi e i mari dalla plastica, manutenendo giardini, spazi verdi e orti che siano terapeutici. La natura ha subito dei gravi danni e ha bisogno di essere salvata prendendosi cura del verde, delle persone e degli animali. Dobbiamo ridurre il consumo di acqua e fare la raccolta differenziata, preservare i boschi, fare uso di un’agricoltura non inquinante, riuscire ad avere un rapporto con il mondo vegetale e animale seguendo i ritmi naturali. In poche parole, dobbiamo necessariamente tenere bene il nostro spazio vitale. Ognuno di noi dovrebbe dire “Sono nato nella Terra e sono una persona della Terra. Voglio rimboccarmi le maniche, vincendo la pigrizia e il lassismo”. Anche perché siamo tutti interconnessi.»

Il riferimento è al principio dell’anima mundi, secondo il quale non c’è distinzione tra piante, animali e persone. È per questo che servono spazi dove riconnettersi con la natura in maniera esperienziale, dove possiamo aiutare anche chi ha più difficoltà.

«Affida una pianta che sta morendo a una persona che sta soffrendo e le vedrai rinascere insieme. Persone con disturbi psichiatrici, con dipendenze o con disturbo dello spettro autistico rifioriscono, letteralmente, ed è più facile seguirle e guarirle. Inoltre, spesso non siamo noi a scegliere la pianta, ma il contrario: in un ambiente adeguato, chi soffre sente il richiamo della pianta e, con esso, arriva il desiderio di prendersene cura.»